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di Andrea Romanazzi

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Il Blues e Robert Johnson: la musica del Diavolo
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Da sempre il Blues, la cui traduzione letterale significa "malinconico",
è spesso apostrofato come la "musica del diavolo". Questo lato oscuro
del famoso genere musicale, base della musica moderna e soprattutto
del successivo genere Rock, ha molte spiegazioni: per alcuni è legato
al genere di vita condotto dai suoi esponenti, dediti spesso all'alcool
e al gioco, per altri alle atmosfere che il suo stesso "sound" genera,
in realtà sono proprio le sue origini, strettamente legate alla tradizione
magica afroamericana, a creare quell'alone di mistero che lo circonda.
Il più importante e misterioso esponente del Blues fu Robert Johnson,
la cui storia è fosca e misteriosa.
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narra infatti che l'artista si fosse recato ad un crocicchio ove, incontrato
il diavolo, gli chiese di farlo diventare un grande musicista in cambio
della sua anima. Sarà per approfondire una delle leggende più inquietanti
della storia della musica che ci addentreremo nei meandri della cultura
"nera", alla ricerca delle "origini del blues", tra riti voodoo e strane
iniziazioni, per capire cosa c'è davvero dietro la leggenda del magico
Johnson. La Tradizione Afro-Amerinda I rituali afroamerindi, come suggerisce
la parola stessa, affondano le loro radici in antiche credenze e vetuste
religioni provenienti da varie culture religiose come le concezioni
animiste di matrice africana e lo sciamanesimo autoctono dell'area Amerinda,
due componenti che ritroveremo poi nella stessa musica. La religione
africana è caratterizzata da uno spinto animismo e feticismo, due credenze
complementari e, almeno nella forma più antica dell'ultimo, molto simili.
In questa tradizione tutto è composto di energia e dunque ogni cosa,
dall'oggetto inanimato all'essere umano, è espressione di una parte
del divino che poi si manifesta in forme differenti. Se dunque tutto
è composto di energia, l'Antico cerca di trovare il mezzo con cui l'energia
può muoversi, pervadere i corpi e farli propri in modo da poterne esser
il padrone.
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così che i rituali africani sono basati sull'uso della vibrazione, espressa,
come vedremo successivamente, in musica, ritmo e parola. Infatti secondo
l'antica cultura del continente nero è la vibrazione, il "nommo", a
possedere un potere magico sacrale. Alla cultura importata con lo schiavismo,
di tradizione africana, si mescola fortemente lo sciamanesimo autoctono
presente nel Sud America, che ben si differenzia dalle credenze africano-bantù
per l'introduzione della figura del "sacerdote", non solo un saggio,
come nelle tradizioni afro, ma unico depositario del segreto per giungere
agli dei che può utilizzare a suo piacere. Da queste credenze deriveranno
i rituali di possessione afroamerindi e dunque le origini della tradizione
diabolica del Blues. Potremmo citare numerosissimi esempi di "macumbe"
diffuse nel Nuovo Continente, dalla Pagelanza, caratterizzata dalla
figura di un sacerdote o pagè unico medium in grado di parlare/incarnare
le divinità, al Catimbò. Forse però la tradizione afroamerinda più conosciuta,
anche perché associata ad un genere sacro-musicale, sono i Candomblè,
generalmente suddivisi in Candomblè Cablocos, Candomblè Afro-Cabloco,
Candoblè di Rio de Janeiro e Spiritismo Umbanda, quest'ultimo arricchito
da chiare influenze sincretiche cristiane. Questo rituale è di forte
origine animista, sottolineata dalla mancanza di un sacerdote principale
e dalla possibilità i stati di transe collettivi.
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tratta di macumbe di chiara origine animistico-africana ove si venerano
i Caboclos, gli spiriti degli antenati chiamati spesso Pretos velhos,
e divinità come gli Orixas, gli Exùs, questi ultimi entità demoniache
spesso associate proprio, attraverso forme sincretiche, al Diavolo cristiano.
Ecco che finalmente si cela il vero "demonio" del blues. Il Demoniaco
Blues La storia del Blues affonda le sue radici nel passato quando,
tra il XVI e il XIX sec. furono deportati come schiavi, negli Stati
Uniti d'America, più di 10.000.000 di africani, la "forza lavoro" di
cui i nuovi coloni europei avevano bisogno per poter sfruttare le ingenti
risorse del nuovo Mondo. Imbarcati però in catene su navi negriere,
accalcati in stive al di sotto di ogni limite di igiene e condizione
umana alle quali solo un terzo dei deportati sopravvivevano, nascosti
tra tatuaggi e parole incomprensibili, i neri d'africa portarono con
loro anche le tradizioni, la cultura e soprattutto le credenze religiose
di un popolo dalle antiche origini. Tra tutte le varie divinità e entità
demoniache esistenti nel pantheon africano, le più importanti sono rappresentate
dagli oristàs e gli exù, gli spiriti extraterreni, un concetto che potremmo
facilmente assimilare a quello delle divinità politeiste anche se la
differenza è notevole. Ognuno di questi regola o domina un determinato
"regno" e a lui bisogna rivolgersi per ottenere favori, un po' come
i nostri santi con i quali, successivamente, attraverso il fenomeno
del sincretismo, gli orixàs si "sposeranno".
- Tra
questi i più terribili e temuti sono gli Exù, spesso rappresentati con
una pala alla quale vengono appese conchiglie al posto degli occhi e
della bocca. Questi sono la forza ostile agli uomini e senza il cui
consenso nessuno delle altre "divinità" concederà mai il suo favore.
Da qui il diffuso culto per queste figure malvagie che, ben lungi dall'essere
una adulazione del demonio, come sarà poi considerata in seguito dalla
Chiesa, è solo un modo per ottenere la possibilità di realizzare la
propria richiesta ad altri spiriti. Così non è peccato e non significa
adorare il diavolo tentare di approfittare di lui. Da qui la spiegazione
del perché in ogni casa, in ogni luogo sacro, ci fosse un altare ad
Exù, non dunque una adorazione del male dalla quale diffusione, poi,
è derivata la paura e l'immagine demoniaca del voodoo, ma solo un modo
per usarlo in maniera buona. Cibi ed offerte per gli Exù erano così
galline, sigari, acquavite, tributi che, per avere effetto dovevano
essere posti in luoghi sacri alla divinità, i cimiteri o ancora di più
i Crocicchi, luogo che ritroveremo in seguito e dedicato in particolare
a Exù rey de las sieste encrucijadas, il "signore degli incroci". E'
qui che nasce il mito di Johnson, non forse un adoratore di satana ma
esclusivamente un "devoto" dell'antica santeria. Il Dannato Johnson:
La magia del Blues Questi concetti ora esaminati non vogliono avere
la pretesa di spiegare i rituali e la religione di un popolo ma servono
per meglio esaminare la storia di un uomo, il padre del genere Blues,
Robert Johnson.
- Johnson
nasce nel 1911, da un breve amore della madre per un uomo che incontrò
subito dopo che il marito la aveva abbandonata per un'altra donna a
Memphis. Trasferiti nel Mississipi, Robert iniziò a suonare ma senza
essere mai un grande artista. Sposato all'età di 17 anni perse la moglie
l'anno per una complicanza durante il parto e così, da quel momento,
dedicò la sua vita alla musica senza però risultati, tanto che, demoralizzato,
iniziò un girovagare senza meta. Sarà a Hazelhurst che incontrerà il
suo "maestro", un certo Ike Zinneman, artista di cui non si sa molto
ma che insegnò a Johnson strane abitudini come quella di suonare nei
cimiteri, ai crocicchi o su delle tombe. Da quel momento la vita di
Robert ebbe una svolta, diventò grande artista, incidendo brani ancora
oggi famosi e di ispirazione per numerosi artisti successivi. La morte
però giunse presto e anche questa in circostanze misteriose, infatti
morì il 16 agosto 1938, per alcuni avvelenato da un marito geloso. Moltissime
però sono le leggende sorte attorno al famoso artista, la più famosa
a cui abbiam già accennato, narra che, recatosi ad un crocicchio, egli
avesse evocato il diavolo in persona al quale avrebbe venduto l'anima
in cambio della dote di grande bluesmen, idea che ritroviamo in tutte
le sue canzoni, egli è proprio ossessionato dalla figura del demonio
come in 'Crossroad blues', dove descrive il momento della sua vita in
cui, disperato, "Sono andato al crocicchio, sono caduto in ginocchio
e ho chiesto al Signore: Ti prego abbi pieta' e salva il povero Bob
se puoi", o come ancora in 'Me and the devil blues' dove ritroviamo
il rapporto col diavolo: "Stamattina presto hai bussato alla mia porta
e ho detto: Ciao Satana, credo sia ora di andare. Io e il diavolo camminavamo
fianco a fianco, picchiero' la mia donna fino a che saro' soddisfatto".
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cenni li troviamo in " "Preachin' Blues", "If I had Possession over
Judgement Day", "Stones in my Passway" e "Hellhound on my Trail". Strane
leggende, poi, si raccontano anche sulla sua morte ma, e proprio sulla
prima che vogliamo soffermarci, la leggenda del demonio che strettamente
si lega proprio alle componenti culturali voo-doo descritte precedentemente.
Infatti il crocicchio e la figura del diavolo ci riportano alla mente
proprio quell' Exù rey de las sieste encrucijadas citato precedentemente
i cui connotati pagani, oramai lontani centinaia di anni, avevano assunto
l'indelebile immagine del satana cristiano. Se esaminiamo poi il ritmo
di alcuni brani come delirante "Preachin' The Blues" ritroviamo sonorità
e ritmi tipici dei rituali del Candomblè. Potremmo così azzardare una
faustiana ipotesi, tra le ombre delle notti del Mississipi, guidato
da un misterioso personaggio di nome Zinneman, Robert Johnson, ad un
crocicchio, effettuava una offerta ad una antica divinità pagana, una
divinità negativa e malvagia tanto da esser confusa con il diavolo,
ma non perché suo adoratore o per vendere lui l'anima in cambio del
successo ma, come accadeva nei rituali animistici africani, per graziarselo
e usarlo per ottenere la padronanza di un nuovo modo di fare "musica",
il "permesso" per utilizzare nei suoi brani ritmi e musicalità tipiche
di una cultura "subalterna", nata tra deportati il cui nome, "vo-do"
ricorda proprio questa sua sonorità, una ritmicità carica di vibrazioni
e di significati perché è il suono che schiude le porte, è la vibrazione
l'essenza del tutto, un insegnamento magari avvenuto in un luogo lugubre
tanto da scioccare fortemente l'artista che si sentirà sempre vicino
alla dannazione, ma che gli aprì le porte del successo.
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