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di Andrea Romanazzi

- L'enigma
della Mater Amabilis dalla Veste Lapislazulo
- Un
"Codice da Vinci" nelle Campagne Toscane
- La
campagna toscana, ed in particolare il comune di Monterchi sono testimoni
di un'intricato enigma, un piccolo Codice da Vinci tutto italiano. Cosa
si cela dietro l'affresco dipinto in una piccola e sparuta cappellina
cimiteriale da uno dei più grandi geni della pittura italiana, Piero
della Francesca? Perché il noto artista decise di realizzarlo proprio
in una modestissima chiesetta rurale e cosa si nasconde dietro la sua
insolita iconografia? Cerchiamo di squarciare l'antico velo che avvolge
questo enigma. Piero della Francesca fu uno più grandi artisti del '400
italiano, pittore, architetto, matematico, persona di spicco di quel
nuovo moto di idee che porterà al Rinascimento. L'artista lavorò nei
più importanti centri culturali dell'epoca, Firenze, Roma, Urbino, anche
se però passò la maggior parte della sua vita in un piccolo borgo toscano
chiamato Sansepolcro ove ebbe i natali. Sarà proprio qui vicino che
realizzerà lo strano affresco, ma andiamo con ordine. Prima di giungere
così davanti all'immagine della Virgo dobbiamo soffermarci su altri
due capolavori dell'artista. Uno di questi è senza dubbio la Resurrezione,
imponente opera raffigurante appunto il Cristo che risorge, carica di
simbologie e elementi iconografici arcaici. Se infatti lo sguardo è
attratto dalle guardie dormienti e dall'imponente e concreto Cristo,
perfettamente frontale, ecco che ponendo attenzione ai particolari troviamo
nel quadro la commistione con antiche antiche credenze popolari. Così
la Resurrezione sembrerebbe mascherare rituali agresti legati al ciclo
stagonale, come sembrerebbe suggerire il Cristo simbolicamente dipinto
per metà ancora immerso nella stagione invernale e metà in quella primaverile.
L'intera opera sembra un inno al culto vegetazionale e alla fertilità.
Non meno carico di contenuti ermetici è invece la Maddalena presente
nella cattedrale di Arezzo, dall'austero viso e raffigurata con la mistica
coppa. In realtà però, dovremo spostarci nel borgo di Monterchi per
poter ammirare il più enigmatico dipinto di Piero della Francesca, La
Madonna del Parto, una delle opere della maturità della vita dell'artista.
Sotto un bellissimo baldacchino, dietro un arazzo sollevato con mistica
simmetria di gesti ed espressioni da due angeli, appare in tutto il
suo austero splendore la Vergine e Madre cristiana, la Mater Magna vestita
di una veste blu lapislazulo come l'acqua, con il ventre ricolmo di
vita. E' una delle pochissime raffigurazioni della Madre del Cristo
rappresentata in stato "interessante", con un atteggiamento materno
ma allo stesso tempo dall'austero volto scuro, con una mano sul ventre
in quello che certamente è un gesto apotropaico di difesa della novella
vita. In realtà l'affresco è davvero molto semplice se paragonato ad
altri lavori molto più impegnativi di Piero della Francesca, ma allo
stesso tempo quasi ipnotico, la Vergine, anche lei insolita nella raffigurazione,
vestita con un abito non certo tipico di una società contadina, e che
forse suggerisce l'ancor oggi enigmatico mecenate dell'opera, sembra
voler rivelare qualcosa.
- Il
Mistero della Raffigurazione
- Tra
le varie interpretazioni più comuni del tema iconografico succitato
la più comune è quella che vuole la Mater Amabilis come tabernacolo
eucaristico vivente, unico centrum di quel regal baldacchino che raffigurerebbe
la Chiesa nella sua totalità istituzionale. Ma se fosse stato davvero
così poteva un importante pittore ed artista italiano dipingere una
simil metafora in una chiesetta di genti contadine che, presi da affanni
e preoccupazioni quotidiane, difficilmente avrebbero compreso il difficile
messaggio teologico? Ancor più sconcertante sarebbe poi l'enigmatico
volto, impassibile e ieratico, come novella Monna Lisa, che contraddistingue
la figura, ben differente dai moltissimi volti sorridenti e materni
cui il volgo era solito raccomandarsi. L'intero tema dunque sembrerebbe
distaccarsi dal contesto e dal luogo ove è stato raffigurato. Per alcuni
studiosi la spiegazione è molto più semplice, l'opera era una dedica
del pittore alla madre che aveva avuto i natali proprio a Monterchi.
Del resto l'opera sarebbe stata realizzata proprio attorno al 1459,
in concomitanza del periodo di passaggio di Piero della Francesca nel
vicino borgo di Sansepolcro a causa della morte della sua stessa madre.
La Vergine così altro non sarebbe così che tributo all'espressione del
travaglio della donna che lo avrebbe dato alla luce, il ringraziamento
di un figlio alla propria nutrice. Ecco così che sarebbe così svelato
l'enigma del volto stesso della Madonna, in realtà raffigurante proprio
il di lei ritratto. Ma le leggende si sprecano, così una tradizione
invece narra che passando a trovare una ragazza che abitava a Monterchi,
di cui era innamorato, ed imbattendosi in un antico affresco rovinato
della Vrgine, Piero della Francesca decise di rifarlo ad immagine e
somiglianza della sua amata donzella. Supposizioni e congetture, storie
e narrazioni affascinanti circondano con un alone di mistero questo
poco conosciuto affresco. Forse però dietro a tale raffigurazione vi
era qualcosa di più ermetico e segreto di un semplice ritratto, a chiunque
esso fosse dedicato: è la Vergine Partoriente, il mistero della creazione
umana e divina che un abile artista come Piero della Francesca avrebbe
potuto ben rappresentare. Al di là di questi interrogativi iconografici
altri emergono dall'affresco.
- Terribilis
est locus iste…hic domus dei est et porta coeli
- L'opera
fu realizzata nella cappella dedicata a Santa Maria a Momentana, che
divenne poi la chiesa del cimitero di Monterchi realizzato però solo
successivamente nel diciottesimo secolo. La "stranezza" è proprio il
locus, infatti, come già detto, è piuttosto curioso però che un pittore
così famoso decidesse di realizzare un'opera in una zona contadina piuttosto
decentrata. In realtà l'area non sarebbe casuale, da sempre è stata
ritenuta sacra e legata ad antiche divinità della fertilità e procreazione.
Lo stesso nome del borgo, Monterchi, per alcuni deriverebbe dal suo
mitico fondatore Ercole, e dunque legato al toponimi Mons Herculis,
il semidio tanto simile, anche iconograficamente, a quell'homo selvaticus
regnante indiscusso del regno vegetazionale che con la sua verga arborea,
il priapos primordiale, assicura la continuità dei suoi cicli riproduttivi.
Credenze e tradizioni popolari poi parlano di animali e donne che, abbeverandosi
o bagnandosi nel vicino torrente Cerfone ottenessero abbondante latte
per la loro prole e felici parti in rituali del tutto simili a quelli
galattofori legati a sorgenti o a grotte, le famose "pocce lattaie"
ben diffuse sul territorio nazionale ed in particolare toscano. Anche
il nome del torrente sembrerebbe richiamarci vetuste divinità, così
Cerfone deriverebbe dall'enigmatica Grande Madre toscana Cernia, divinità
femminile locale della fertilità e dei campi. La stessa collina ove
oggi sorgerebbe la chiesetta, conosciuta con il toponimo di Montione,
rimanderebbe ad antichi culti legati a Cerere e Giunone, da cui l'etimologia
di Monte di Giunone. Sta di fatto che da tempo immemore, ancora oggi
in questo luogo vengono a rivolgersi donne che avevano imparato e conosciuto
gli antichi rituali di fertilità delle loro nonne. Erano le veneratrici
delle Madonne dal volto bruno, la Virgo Amabilis, per alcuni la Maddalena,
sicuramente trasposizione cristiana dell'antica Grande Madre. Essa è
dunque il Graal, termine per alcuni derivante dal termine latino gradalis
o coppa, il metaforico luogo da cui proviene la vita, proprio con il
materno ventre della Vergine contenitore di quel "sangue del Cristo"
che verrà. Esso è però anche Sang Real, forse non una stirpe come affermato
da recenti romanzi, ma semplicemente il Sangue del Nostro Salvatore
amorevolmente custodito nel ventre della Mater che dolcemente, ma allo
stesso modo con la serietà e la preoccupazione di una madre, lo protegge
con il gesto apotropaico.
- Il
Culto della Mater Amabilis
- Si
torna così prepotentemente all'immagine materna e generatrice di vita,
del resto luoghi legati al culto dell'allattante non sono così poi estranei
a questi luoghi. Così proprio nelle vicinanze di Sansepolcro, vi sono
edicole votive legate al culto della vergine galattofora ove ancora
oggi si espletano rituali di fertilità. Donne sterili o semplicemente
partorienti alla ricerca di un aiuto divino da sempre si recavano in
questi santuari rurali lasciando ancora oggi, come silenti testimoni,
abitini, bottiglie di latte od olio, gli ex voto di grazie ricevute.
Un culto così radicato era davvero impossibile da cancellare dalla mentalità
contadina, bisognava necessariamente ricorrere a forme sostitutive di
venerazione per modificarlo e plasmarlo in nuova ottica. Ecco l'origine
del culto della Vergine in quella sperduta chiesetta rurale di Monterchi.
Ma c'è dell'altro. Nella chiesa si narra che fosse conservata una miracolosissima
statua lignea raffigurante la Mater con il bimbo, sicuramente raffigurazione
di una delle tantissime Vergini brune, la nigra sum sed formosa, diffuse
in tutto il territorio nazionale, simboli di antichi culti dediti alla
terra mai dimenticati. La presenza nella cappella della già venerata
statua lignea fa così pensare che l'affresco di Piero della Francesca
non fosse dunque stato commissionato per venerazione, forse più che
altro era un modo per rafforzare il messaggio o, molto più probabilmente,
un ex voto commissionato da qualche importante esponente della zona,
sicuramente non un contadino, per la grazia ricevuta. Ma chi sarebbe
stato, a questo punto, l'enigmatico mecenate che commissionò l'affresco
all'artista. Anche qui le leggende si sprecano, per molti studiosi si
tratta dello stesso Piero della Francesca, e però dalla stessa iconografia
che possiamo avere qualche informazione in più. La veste color lasislazulo
da nobildonna, il principesco modo di raccogliere i capelli della Vergine,
l'atteggiamento serioso, quasi di distacco dal popolo che a Lei si prostrava,
il gesto quasi regale degli angeli che gentilmente ma allo stesso modo
con atteggiamento quasi regale sollevano i drappi, il contesto del tutto
estraneo al pauperismo delle locali comunità contadine fa pensare a
qualche appartenente ad una classe sociale abbiente. Intricati misteri
e antichi ricordi, grandi artisti e rustici luoghi, Vergini e Madri
avvolte in quel mistero dogmatico della nascita, fanno del piccolo borgo
toscano di Monterchi un luogo unico ed eccezionale, un piccolo "Codice
da Vinci" tutto italiano.
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